Tutti pazzi per Zizzipaz

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185

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86

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Il rovescio è qualcosa di profondamente ideologico. Chi lo gioca a una mano sta a sinistra, chi lo gioca a due sta a destra. O viceversa. Tra “monomanismo” e “bimanismo” c’è una riga bianca di confine tenuta ferma dai chiodi. Optare per una soluzione oppure per l’altra è più che una scelta politica. Il dubbio è ammesso, ma solo da ragazzini. Dopo non è più consentito oltrepassare la barricata. Eseguire il rovescio delle origini, come fa Tsitsipas, significa lottare contro la sua estinzione, è qualcosa di coscienzioso. Equivale a sottoscrivere una petizione accorata. Perché se il rovescio a una mano muore, finisce anche il confronto di stili. Con effetti devastanti sullo spettacolo: il fuoco senza il ghiaccio (McEnroe al netto di Borg), le mele senza una metà (Sampras orfano di Agassi), la restaurazione senza la rivoluzione (Federer privato di Nadal). Tutte espressioni di dualismi pressoché manichei, cioè dogmatici, come quello che contrappone l’esaltazione del gesto alla sua condanna: una mano va bene, due mani vanno male. Lunga vita agli artisti del rovescio d’antan, allora. Colpo che una volta si chiamava rovescio, semplicemente, senza contare le mani, e adesso è lo stratagemma per battere sulla corsa la modernità. Anche per consentire il matrimonio impossibile tra classicismo quasi barocco e modernità. Tsitsi è una figura tesa rappresentata nel suo movimento e viene dalla Grecia, come Atalanta. Per una Ninfa che raccoglie pomi, c’è un tennista che li scaglia. Sul proscenio, tra quelli che danzano, non manca Ippomene: pure lui, futuro sposo di Atalanta, sbraccia sul mondo eseguendo lo swing che serve a spostare una tenda, con decisione, da sinistra verso destra. Meravigliosi per stile, efficaci per risultato. Due estratti di fluidità più equilibrio che aiutano nell’operazione di unire i colori del cielo a quelli della terra. Il backhand del tennista pieno di consonanti è uno schiaffo alla standardizzazione: le sue cinque dita contro le due mani dei giocatori allevati in serie. Lo scontro sembra impari, ma si può fare. Posizionamento, velocità di braccio e timing: tutto tanto bello da rappresentare un esempio per ulteriori ritorni al futuro. Punta della racchetta alta in fase di apertura, più su del testone biondo, e spalla sotto il mento. Piede destro che fa tacco-punta trasferendo in avanti il peso del corpo e busto dritto che non intralcia il viaggio della racchetta. Occhi incollati alla palla durante l’impatto e slancio esasperato dello strumento per moltiplicare lo spin. Un colpo elegante come la libertà di scelta. Il palazzo scrostato abitato da Tsitsipas è un avamposto di combattimento, resiste alle scosse del tempo per custodire le testimonianze preziose di un colpo che rischia l’estinzione. Proprio come un panda.